Balzelli sabaudi

La revisione catastale piemontese

Il regno di Sardegna promosse una operazione di rettifica dei ruoli catastali oltrepadani, che risalivano al catasto austriaco. Nel 1758 fu istituito l’Ufficio del Censimento con il compito di sovrintendere ai lavori. Si volevano acquisire informazioni sulla situazione patrimoniale dei sudditi e limitare i privilegi che nobiltà e clero continuavano a godere. Il territorio di Fortunago era censito nelle mappe del catasto austriaco e si rese necessario solo un aggiornamento che tenesse conto delle variazioni intervenute negli anni trascorsi fra i due censimenti. Il lavoro di revisione fu affidato ad un geometra assistito da un cancelliere e da persone del luogo. Dopo aver preso visione, alla presenza dei proprietari, delle mappe teresiane e dei sommarioni, furono verificate le misure degli appezzamenti. Non vennero disegnate nuove carte, ma i frazionamenti avvenuti nel frattempo furono riportati sulla mappa preesistente suddividendo la particella corrispondente; essa manteneva il numero originario, ma con l’aggiunta di una lettera alfabetica per le suddivisioni; tale metodo è tuttora parzialmente utilizzato. Non si trattò di una verifica puramente formale, infatti le variazioni, seppur ridotte, fra le misurazioni relative al 1725 e quelle relative al catasto piemontese confermano che fu operata una verifica sostanziale. Successivamente venne fatta la stima dei beni, le operazioni catastali ebbero termine nel 1775. Si passò alla redazione dei registri catastali contenenti i risultati delle operazioni di misura e stima dei beni di prima stazione, relative ai comuni della Giurisdizione di Fortunago. Ogni registro conteneva i dati dei singoli comuni, il cui nome era indicato in copertina insieme all’annotazione della Giurisdizione a cui apparteneva. Ogni pagina era suddivisa da sinistra a destra in sette caselle rispettivamente contenenti: il nome del possessore, con eventuale titolo nobiliare; il riferimento numerico alla parte di mappa, uguale a quello indicato sul disegno in mappa, la qualità del terreno per ogni particella (aratorio, avitato, bosco, zerbo, ecc.); il perticato misura del terreno espressa in pertiche e tavole in rapporto di 1 a 24; la squadra, stima in scudi del prodotto del terreno in base alla qualità; la stima ovvero il valore di una pertica di terreno determinato in base al tipo di coltura, alla squadra ecc.; ed il valore capitale, ottenuto moltiplicando la stima per il perticato dell’appezzamento, espresso in scudi, lire e ottavi di lire. I comuni che costituivano la Giurisdizione di Fortunago erano, come è noto Borgoratto, Staghiglione con Stefanago, Fortunago, Monte Picco, Gravanago, Rocca Susella, e S. Zaccaria; come si vede vi facevano parte ben sette comuni dei trenta che costituivano la zona denominata: “Bobbiese e feudi“. Quella di S. Zaccaria era la comunità più piccola della zona misurava solo 2.031 pertiche.

Si riportano i dati più significativi riguardanti i tre comuni di Fortunago, Monte Picco, e Gravanago comparati con i corrispondenti dati del 1725.

Comune
Estensione


1725
1775

pertichetavolepertichetavole
Fortunago16.997117.00614
Monte Picco6.548176.53115
Gravanago3.4172

Tabelle relativa alla suddivisione dei terreni in base alle colture praticate:

FORTUNAGO

Tipo di colturaEstensione coltivata

1725
1775

pertichetavolepertichetavole
Aratorio semplice6.09926.14916
Aratorio avitato1.497111.47110
Prato3401734017
Pascolo314138749
Bosco di castagne7426611
Bosco forte da taglio953149757
Zerbo, costa zerbida7.667206.9632
Orti e siti4935813
Molino0,5

MONTE PICCO

Tipo di colturaEstensione coltivata

1725
1775

pertichetavolepertichetavole
Aratorio semplice2.011202.0517
Aratorio avitato84221800
Prato1772017720
Pascolo23192319
Bosco forte da taglio1.042111.03614
Zerbo, costa zerbida2.4301242323
Orti e siti1812124
Ara198

GRAVANAGO

fu in parte censito insieme al comune di Staghiglione e Stefanago

Queste tabelle offrono un quadro della distribuzione delle colture ed in generale dell’utilizzo dei suoli. Nei comuni di Fortunago e Monte Picco si nota una prevalenza dei terreni incolti, circa il 40% del totale; essi venivano utilizzati anche come pascolo, seppur povero, per il bestiame del contadino. In parte si trattava di appezzamenti non reclamati da alcuno, perché in luoghi disagevoli e quindi assegnati alla comunità. Alcuni di questi terreni sono classificati come “zerbiolo”. Nel comune di Gravanago predominavano i boschi (43% della superficie comunale). Fra i poderi coltivati la parte maggiore era destinata alla semina del frumento. Negli aratori vitati venivano compresi sia i terreni coltivati su cui erano stati piantati filari di viti, coltivi vitati, sia i vigneti veri e propri: vigne e ronchi. Le diverse denominazioni delle colture indicate nei registri sono state riunite in categorie omogenee che comprendono le destinazioni colturali aventi caratteristiche simili: coltivi, destinati alla semina; prati, da cui si ricavava il foraggio per il bestiame, pascoli, boschi, improduttivi ed incolti; orti; siti di casa che comprendevano sia gli edifici abitativi con le loro le corti ed aie, sia gli stabili che affiancavano l’attività agricola: le stalle, i mulini, le fornaci. Questo per facilitare la lettura delle tabelle. ed individuare facilmente la distribuzione delle colture. Per i comuni esaminati si possono notare variazioni tra i dati del 1725 e quelli del 1775, sia nel perticato totale sia nelle destinazioni colturali, per cui si può ritenere che i misuratori piemontesi abbiano compiuto una revisione reale e non, come si sarebbe portati a credere, puramente formale. Nel 1786 fu eseguita una seconda revisione documentata dal “Sommarione” conservato nell’Archivio di Stato di Torino. In questo registro sono elencati molti beni legati alla chiesa e agli ordini religiosi. Significativi erano i beni delle due Parrocchiali unite di Fortunago e Mormorola che ammontavano a: 1209 pertiche milanesi per un valore totale di 1476 scudi e 3 lire. La parrocchia fortunaghese possedeva anche altri terreni per una estensione di 552 pertiche milanesi, ad essi vanno aggiunti i beni della Rettoria di S. M. di Primorago di cui non si conosce l’estensione.

Luigi Elefanti

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