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I mulini ad acqua nella Giurisdizione di Fortunago.

La costruzione dei primi mulini nella zona collinare risale al XV secolo. Verso la metà del Cinquecento esisteva almeno un mulino ad acqua nella Giurisdizione di Fortunago posto sul torrente Ardivestra. I marchesi Malaspina, feudatari del luogo, erano tenuti alla costruzione ed alla gestione di un impianto di macinazione del frumento ad uso della popolazione del territorio. I contadini dovevano macinare il frumento al mulino feudale; il reddito che il marchese poteva ricavare dall’impianto di macinazione era, tuttavia, modesto in quanto esso funzionava solo per pochi mesi all’anno, a causa della irregolarità della portata d’acqua e delle gelate nei mesi invernali.

Notizie più dettagliate relative alla presenza di mulini nella Giurisdizione di Fortunago sono contenute nei documenti del Censo dello Stato di Milano, che prese avvio nel 1718 per iniziativa di Maria Teresa d’Austria. Nella documentazione preparatoria del catasto asburgico sono contenute molte informazioni sui mulini presenti nel territorio della comunità. Gli impianti di macinazione presenti nel territorio della comunità erano cinque, tutti di proprietà privata.

Clara Giovanna Picha Angela e Gio Dusio Pietro possedevano ciascuno metà di un mulino che era condotto da Bernardino Pichi, di anni 55 abitante in Monte Picco. Era un impianto provvisto di una sola “ruota” o palmento (coppia di pietre macinanti) che rendeva annualmente novanta lire. Con tutta probabilità il manufatto era ubicato nella frazione “Mulino di Ponticelli” corrispondente all’attuale Casa Lanfranchi. Pietro Gio Porro possedeva un mulino situato nella valle di Borgoratto. Esso era affittato con un contratto di livello a Stefano Facchini, e aveva due ruote (macine) delle quali girava una sola per volta. Stefano Facchini dichiarò, nel 1718, di non aver ricavato nulla l’anno precedente dalla conduzione di questo impianto in quanto gli otto sacchi di grano dichiarati, secondo la dizione dell’epoca “propalati“, erano andati al proprietario per l’affitto. Giulio Cesare Pianetta possedeva un immobile, situato in località Mulino dei Nobili, che era provvisto di due macine e rendeva al livellario “annualmente sacchi sei di frumento e sacchi 12 mistura” di utile dominicale. La conduzione era affidata a Bernardo Bonatti di anni 70 abitante a Stefanago.

Martino Zammaruti ed i suoi fratelli erano proprietari di un mulino posto in località Casotta, o “Casotto” come veniva chiamata all’epoca la frazione, affittato per “sacchi tre mistura sacchi uno frumento” ad una persona del luogo. Di questo manufatto provvisto di una sola macina che, a detta dell’affittuario, “gira poca parte dell’anno con acqua non perenne” è ancor oggi visibile una parte dei muri perimetrali.

Casotta, mulino, particolare d’angolo del muro portante la ruota

Casotta, mulino, il muro portante la ruota idraulica, veduta da Ovest.

La grande ruota idraulica era incernierata al centro del muro. L’acqua che la faceva muovere attraversava un ponticello in legno posto in alto sulla destra. In questo modo si sfruttava al meglio la piccola portata del cavo di alimentazione. L’acqua finiva, per caduta, in un pozzo ancora esistente, localizzato in prossimità del bordo sinistro del muro. Un piccolo canale le consentiva di rifluire nuovamente nel torrente Ardivestra.

Casotta, resti del magazzino delle granaglie nei pressi del mulino

Battista Cardinali gestiva a “Casa del Gabione“, nella valle di Borgoratto, un mulino di sua proprietà ad una sola ruota, con un guadagno di quarantadue lire all’anno. Nei documenti della revisione catastale piemontese, operata dai Savoia nel 1775, è citato un solo impianto di macinazione funzionante posto nel territorio di Fortunago.

Nel 1779 il mulino situato nella valle di Borgoratto, sul rivo Giarra, era gestito da Domenico e Giacomo Cardinale, e da Mauro Saviotti. In quell’anno fu costruito, sullo stesso rivo e a valle del precedente, un nuovo impianto di macinazione di proprietà di Antonio Zano.

Nel 1779 fu costruito, nella frazione Casa Martinazzi, un nuovo mulino. Il tracciato del canale di derivazione dal torrente Giarra, ad uso del nuovo impianto, fu progettato dall’ingegnere Leopoldo Caligari.

Trattandosi di mulini ad acqua è evidente che il loro funzionamento era strettamente legato alla disponibilità di acqua corrente. I torrenti Ardivestra e Coppa ed i rivi presenti nella Giurisdizione di Fortunago sono ricchi d’acqua solo in alcuni periodi dell’anno, pertanto le macine erano costrette all’inattività per la maggior parte del tempo con un guadagno, di conseguenza, molto basso.

Le portate ridotte dei corsi d’acqua rendevano, inoltre, necessario alimentare gli impianti per caduta, era indispensabile, quindi, realizzare dei canali di alimentazione che consentissero all’acqua dei torrenti di arrivare alla quota superiore delle pale. Le derivazioni che portavano l’acqua al mulino della Casotta ed a quello di Ponticelli sono evidenziate alle tavole seguenti, elaborazione delle mappe catastali teresiane redatte nel 1723.

Luigi Elefanti

Ricostruzione del mappale del Catasto teresiano relativo all’alta valle Ardivestra con il mulino della Casotta, anno 1723

Ricostruzione del mappale del Catasto teresiano comprendente Monte Picco e il mulino di Ponticelli – anno 1723